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In piedi Signori, davanti a una Donna!

"Per tutte le violenze consumate su di Lei,
per tutte le umiliazioni che ha subìto,
 per il suo corpo che avete sfruttato,
per la sua intelligenza che avete calpestato,
per l’ignoranza in cui l’avete lasciata,
per la libertà che le avete negato,
per la bocca che le avete tappato,
per le ali che le avete tagliato, per tutto questo:
in piedi Signori, davanti a una Donna!"


L’arte è utilizzata come messaggio:  Adele Lo Feudo ha ideato una mostra itinerante “Un petalo rosa. Per non dimenticare” presentando le opere di sessantacinque artiste, dedicate a vittime di violenza che denunciano il maltrattamento e ricordano la forza e il coraggio di donne che sono state e sono esempio e stimolo per altre. Il messaggio che trasmettono visivamente, esemplificandolo con i loro lavori, possiede una grande potenzialità. L’arte quindi viene intesa come metafora, dal greco μεταφορά,  portare da una parte all’altra, quindi trasmettere. Le opere di Adele Lo Feudo “Un petalo rosa” (logo della mostra) e “Per non dimenticare” che formano il titolo dell’evento, rappresentano due diverse realtà della condizione della donna. “Un petalo rosa” è la donna emancipata, sicura di sé, libera dai condizionamenti della società.  In “Per non dimenticare” l’ideatrice utilizza il colore grigio per evidenziare una donna vittima di violenza e maltrattamenti umiliata come persona e mortificata nella sua intelligenza.
Le opere delle artiste hanno una lettura interpretativa, perché spesso appaiono simboli che spiegano allegoricamente il concetto, ed una lettura connotativa, perché subentra la parte emotiva.

Musa ispiratrice, fin dall’antichità, la donna è stata sempre descritta, rappresentata e dipinta dagli artisti in ogni sua forma ed espressione.
La violenza sulla donna è un tema  delicato  da rappresentare:  violenza corporea e psichica, violenza subita e combattuta, violenza  autoinflitta e imposta. L’arte figurativa propone infinite raffigurazioni:
coinvolgente è “Il Ratto di Proserpina” di Gian Lorenzo Bernini, che ritrae un episodio di violenza, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio. Il gruppo scultoreo ritrae il rapimento della figlia della dea Cerere  da parte di Plutone, re degli Inferi. Lo scultore rappresenta Proserpina che  tenta di liberarsi dalla stretta di Plutone spingendo una mano sul suo volto con una delicata danza a spirale. Il re degli Inferi vigoroso e muscoloso, afferra  la ninfa, il cui viso è segnato da una lacrima, con un effetto decisamente drammatico e realistico.
Sempre lo stesso autore rappresenta un atto di violenza psicologica con un’altra opera scultorea, “Apollo e Dafne”: la giovane ninfa è colta nell’atto di sfuggire al dio del sole, infatuatosi di lei. Dafne disperata chiede aiuto al padre, Peneo, dio dei fiumi, che la trasforma in un albero di alloro ostacolando la loro unione. Dafne è la donna vittima del desiderio violento e prepotente di Apollo, che pensa a soddisfare i suoi piaceri, a discapito dell’angoscia e del dolore della ninfa. L’espressione della ninfa, resa dal Bernini in modo del tutto naturale, è di terrore e turbamento; Apollo invece viene ritratto con uno sguardo indifferente.

L’arte è  ed è sempre stata nel corso dei secoli il modo più idoneo per far conoscere e per esorcizzare la violenza subita ed è un mezzo per avvicinarsi e comprendere le difficoltà e i malesseri interiori dell’universo femminile.
Artemisia Gentileschi, pittrice del Seicento e simbolo femminista, ha esorcizzato con la sua arte le violenze subite da Agostino Tassi. Orazio, il padre di Artemisia, trascinò il Tassi in tribunale perché  non aveva potuto sposare la figlia poiché  già coniugato. La  documentazione del resoconto del processo ci mostra una  Artemisia forte che si difende appassionatamente e accusa il suo aggressore con durezza.
Nei suoi lavori Artemisia rappresenta il  desiderio di rivalsa rispetto alla violenza subita: il dipinto “Giuditta che decapita Oloferne”, conservato al Museo Capodimonte di Napoli,  è stato spiegato in chiave psicologica e psicoanalitica  per la aggressività della scena che raffigura. In un’altra sua opera “Susanna e i vecchioni”, una giovane donna  insidiata da uomini lussuriosi, la pittrice rappresenta se stessa. La critica  ipotizza che  l’uomo con i capelli scuri si possa identificare con Agostino Tassi. Susanna,  moglie di un ebreo facoltoso, viene ricattata  da due anziani della comunità  che frequentavano la casa del marito. La sorprendono nuda mentre sta facendo il bagno in giardino e la minacciano che se non si fosse concessa, avrebbero detto al marito di averla scoperta in adulterio con un giovane amante, colpa che in quel tempo veniva punita con la morte. Sarà il profeta Daniele a salvarla utilizzando l’espediente di ascoltare i due anziani, separatamente,  ottenendo così testimonianze contraddittorie.

 Nella mostra “Un petalo rosa”, partita da Perugia e  conclusasi a Cosenza nella Casa di Roberta, nata per sostenere le donne in difficoltà, le artiste danno voce ai sentimenti delle donne che subiscono violenze sia psicologiche che fisiche mettendone in evidenza le emozioni: disperazione, frustrazioni e paure.

Pittrici, scultrici, stiliste, fotografe e poetesse sono unite in una catena di solidarietà femminile, come afferma l’autrice del progetto Adele Lo Feudo.
Disegnare vestiti  o accessori di moda è da sempre un’arte e come nel passato i grandi artisti hanno ispirato il mondo della moda, ancora oggi, il dialogo tra arte e stile rimane fondamentale.
Così il tema e il titolo di questa mostra ha ispirato le stiliste Adalgisa De Angelis che ha realizzato  "La borsa" , Irene Sarzi Amadè ideatrice del cappello "Saudade" e Cinzia Verni che con carta fatta a mano e una sfera di vetro soffiato Murano ha realizzato "Violante" una collana di petali rosa.
Le opere scultoree,  di  forte impatto visivo,  denunciano e fanno  riflettere sul dramma della violenza sulle donne. “Ferita a morte”, “Humanitas”, “Nessuna possibilità”, “Un abito di luce”, “Un grido d’allarme” sono  opere-simbolo  per ricordare che la donna è un petalo rosa e va rispettata.
Con le loro sculture le artiste  manifestano la propria sensibilità nei confronti delle donne che devono quotidianamente affrontare forme diverse di violenza, da quella psicologica a quella fisica fino al femminicidio. Fernanda Stefanelli  rappresenta attraverso la sua scultura "Humanitas" donne intrappolate in una rete,  simbolo dei pregiudizi di cui oggi siamo circondati. Giulia Masciale  con “Nessuna possibilità” mette in luce immagini di forte connotazione psicologica e realistica. Fortemente emblematiche sono "Un grido di allarme"  di Tonina Cecchetti, "Un Abito di luce"  di Antonella Farsetti e “Ferita a morte” di Sabrina Montosi.
Materiali preziosi come la foglia oro o poveri come sacchi, stoffe, carte, spago e garza vengono adoperati in opere che esprimono, attraverso l’uso di tecniche miste,  solidarietà, sensibilità e forza: “Anima tradita” di Antonella Oriolo, “Il cuore bucato” di Myriam Cappelletti, “Le ultime rose” di Roberta Serenari, “Riscatto” di Angelisa Bertoloni  e “Tacitum vivit sub pectore vulnus” di Stefania Sergi.
Le opere grafiche e i pastelli presenti in mostra sono stati realizzati dalle autrici con semplicità di linguaggio ma rivelano un acuto senso di osservazione che permette di cogliere, con alcuni tratti, l'istantaneità di un gesto o la caratteristica  peculiare di un particolare: “A Maria goccia del mare” di Maria Tripoli, “Per mani Alice” di Marina Benedetti, “Privata dei sogni” di Maria Sangermano , “Salta nel sacco” di Vania Elettra Tam.
Le foto, foto digitali, foto stampate su tela o su altri supporti, digital art sono di autenticità straordinaria e  parlano da sole suscitando interesse e coinvolgimento. La fantasia e la sensibilità delle artiste abbinate a programmi particolari del computer hanno dato luogo ad opere molto significative.  In alcune foto il volto è centrale, altre volte è  messo in rilievo il corpo e la  gestualità o  un simbolo, come la testa di una bambola.  Vengono anche  rappresentati frammenti di vita, sogni distrutti. Sto parlando delle opere di Samantha Passaniti “Ho il diritto di vivere” ,  Gabriella Fabbri “Denuncia degli occhi”, Angelica Sticca “In difesa” , Tanya Edda Clara Giacometti  “La fata”,   Luisa Bergamini “Mille modi per annientarmi”, Elvira Iannini “Ombre”, Giuliana Franco “Ora X” , Maddalena Barletta “Sole spento” .

Rappresentazioni di maltrattamenti e violenze colpiscono l’osservatore per l’impatto realistico nelle opere “Amore criminale” di Annamaria Niccoli , “Finchè morte non ci separi” di Manuela Vaccaro, “Il corpo e l’anima” di Silvia Vagnoni , “Le Mani che urlano” Tiziana Bellini , “Nudità” di Adalgisa Santucci, “Reclusa” di Barbara Novelli, “Senza scampo” di Nicoletta Paccagnella, “Stretta tra le dita una rosa” di Grazia Calabrò. Emerge da queste immagini anche l’umiliazione e la sofferenza fisica inflitta alle donne vittime di questi soprusi.  Grazia Calabrò rappresenta “In stretta tra le dita una rosa” una ragazza, chiusa nel suo dolore per aver  perso la sua innocenza,  metaforicamente rappresentata dalla rosa bianca che tiene tra le dita. Una rosa, stretta con violenza dalla mano di un uomo, viene utilizzata simbolicamente nell’opera “Senza scampo” di Nicoletta Paccagnella .
“I.N.R.I”. di Giorgia Gaggiotti e “Le nuove martiri” di Cecilia Piersigilli  sono donne rappresentate in croce e con la corona di spine sul capo, simbolo di sofferenza e di sopportazione, ma il loro sguardo è fiero, sicuro e forte.
Un gruppo di dipinti rappresenta la donna con la bocca cucita o tappata da una mano maschile o semplicemente celata: “Il silenzio. La tua condanna” di Anna Barreca, “Il silenzio delle donne” di Giulia Febbraro,  “Domani negli occhi” di Stephanie Seymour, “Silence violent” di Concetta Russo, “Solidarietà” di Assunta Mollo. Sono raffigurazione di grande significato psicologico, donne costrette a tacere per paura di subire altre violenze. Immagini che devono essere da sprono e da incoraggiamento per quelle donne che devono trovare la forza e il coraggio di ribellarsi a ogni tipo di violenza.
Allegorici sono i dipinti “La vagina è la natura” di Valentina  Angeli e “Mi dovete fare un monumento” di Fausta Ottolini  che rappresentano la parte più intima di una donna, che viene violata crudelmente e indelicatamente.
Nelle opere “Garza di pietra” di Eliana Petrizzi , “In silenzio” di Marica Fasoli , “Perché” di Francesca Siriani,  “Soul 18” di Roberta Ubaldi, “Cancellazioni innaturali” di Mirta Vignatti emerge il  volto, potente mezzo d’interpretazione, che fa affiorare importanti significati. L’espressione del viso infatti riflette la stato dell’animo umano.  Nei volti rappresentati  captiamo  diverse espressioni: sofferenze, amarezze, paure, che ci permettono di entrare più a fondo nella personalità della donna  raffigurata. Attraverso gli occhi che riflettono l’anima possiamo capire tante cose, ma anche le immagini senza volto o con un volto che appena si intravede esprimono forti sensazioni.
Un gruppo di dipinti che comunicano e trasmettono speranza sono le opere di Maria Di Cosmo con “Depasser”, Teresa Palombini  "La mia vita", Luigia Granata con “Meredith”, Caterina Rizzo  "Ritorno alla vita".
Poesie e immagini si incontrano, in questa mostra, per affrontare un tema delicato e urgente che viene raccontato con forme d’arte differenti. Le  poesie, incisive ed efficaci quanto le opere d’arte, diventano strumento di conoscenza e mezzo per condividere,  opporsi e denunciare ogni tipo di violenza e riacquistare l’autostima e la fiducia nelle proprie capacità.
Concludo questa mia relazione con alcuni versi dedicati a Roberta Lanzino che ha ispirato il progetto di Adele Lo Feudo:  
“Se quella mano non l’avesse strappato
sradicandolo dalla terra bagnata e fertile di primavera,
in quel fiore rubato, quanta vita c’era!”.

Alessandra Primicerio
(critico d’arte)

(Copyright)
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Realizzazione a cura di: Antonio Iannice & Eugenio Pecorabianca- agosto 2013